Camargue: liberta’ e natura

I’m back again… sono passati diversi mesi prima che ricominciassi a scrivere, ma non vuol dire che non abbia viaggiato, nell’ultimo periodo sono stata in Camargue, in Grecia, in Cambogia, in Thailandia e in Brasile. Ogni paese mi ha dato moltissimo e ho amato ogni singola destinazione, in modi differenti; ma ora vorrei ripartire con il primo viaggio che ho fatto a Giugno, ovvero la Camargue.

Stavo progettando questo viaggio da diversi anni, ma non avevo mai avuto il tempo di andarci, nonostante non sia estremamente distante da Milano. Mi ha sempre affascinato guardando le foto in internet, lande desolate, cavalli che corrono liberi nell’acqua, i tori, il mare, i fenicotteri, e mi sono sempre chiesta se fosse vero, se in Europa potesse esistere un posto che sembra tanto magico, senza dover andare dall’altra parte del mondo.

Il mistero di cosa troverai in un viaggio è proprio quello che ti spinge a realizzarlo, così ho preso la mia attrezzatura fotografica (una vecchia reflex digitale e il mio smartphone) e sono partita alla volta di Saintes Maries De La Mer con la macchina. Il viaggio è durato circa otto ore, calcolando però anche l’uscita errata dall’autostrada e il tempo sprecato per ritrovare la via giusta! Alla fine sono arrivata alle nove di sera e sono stata accompagnata da un bellissimo tramonto sulla laguna; l’hotel che dove ho soggiornato si chiama “La Palunette” ed è situato lungo la strada che porta a Saintes Maries De La Mer, nella quale ogni anno si svolge la festa dei gitani. Quando sono arrivata la festa era finita da una settimana, ma ho respirato ugualmente l’atmosfera girovaga che pervadeva le strade della città.

Il mio entusiasmo si è acceso subito quando ho visto che l’hotel aveva un maneggio, ed era attorniato dalla natura incontaminata; l’albergo è in stile “messicano” una struttura bassa con mura bianche e infissi e porte colorate. La mia camera aveva un terrazzo che dava proprio sulla laguna e potevo vedere i cavalli liberi davanti a me… un sogno ad occhi aperti sul serio!

Il giorno seguente, dopo una fantastica colazione, mi sono diretta al parco ornitologico di “Pont De Gau” il parco regionale nazionale dedicato agli uccelli, e naturalmente ai fenicotteri. Non credevo di vederne tanti in natura, o meglio non li avevo mai visti liberi ed è una sensazione indescrivibile… certo non si può interagire con loro, io mi riferisco a ciò che emanano: libertà e tanto tanto rosa… “la vie en rose”. Sono uccelli particolari, sono grandi e volano e hanno queste zampe magrissime e lunghissime che li fanno sembrare tante modelle ad una sfilata di moda, sono eleganti e affascinanti. Io li adoro, se non si era capito!!! Oltre ai fenicotteri , che proprio sul delta del Rodano hanno fatto l’unica base di riproduzione in Europa, ci sono innumerevoli altre specie.

Dopo aver fatto una lunga sosta per fotografare i fenicotteri, tantissime foto che sembrano tutte uguali, ma hanno le loro differenze, ho percorso uno dei sentieri che porta in mezzo alle paludi e dove ci si sente completamente soli a contatto con la natura (fortunatamente a giugno non c’è molto turismo e sembra davvero di essere sperduti in lande deserte).

Kui Buri Park: delusione e meraviglia

Eccomi a scrivere nuovamente, ho fatto una lunga pausa e ora mi rimetto in pari. Ho lasciato in sospeso il mio ritorno in Thailandia e voglio raccontare la mia visita al parco di Kui Buri, tra delusione e meraviglia.

Il mio hotel dista pochi chilometri dal parco e con poco più di mezz’ora di macchina ci si arriva; la strada è molto piacevole e passa attraverso i villaggi nelle campagne e paesaggi bucolici immersi nella natura. Tra palmeti e pinete eccomi giunta al primo sito, non c’è molto da vedere a meno che non ci si addentri nei sentieri natura a piedi, ma è strettamente necessario avere una guida per non rischiare di perdersi. Il fatto di rimanere “intrappolata” nella foresta è un’idea che mi attira, ma forse è un pò pericoloso visto gli animali che ci vivono… Quindi decido di fare una passeggiata nell’area campeggio e di arrivare fino al quartier generale, dove ci sono gli alloggi dei Rangers. Quì incontro un meraviglioso e simpatico orso nero asiatico che sembra un orsacchiotto di peluche e me ne sono già innamorata, purtroppo è chiuso in una enorme recinzione perchè è sotto cure; dal momento che la razza rischia l’estinzione a causa della deforestazione e anche della medicina cinese, è una specie protetta.

Dopo aver lasciato il mio amico orsacchiotto, mi dirigo verso un altro sito del parco, dove posso organizzare una sorta di safari, addentrarmi nella foresta e riuscire a vedere qualche altro animale selvatico. Prima di arrivare però, mi fermo a fare una sosta pranzo in uno spiazzo in riva ad un lago, dove c’è una bella vista sulle colline e la splendida giornata di sole rende tutto più magico. Quando mi rimetto alla guida scorgo altri favolosi paesaggi sulla strada e sembra quasi di non essere in Thailandia, ma mi ricordano un pò le valli del mio paese.

Arrivo al quartier generale da dove partono i tour safari e al momento c’è poca gente, manca in effetti mezz’ora all’apertura della biglietteria. Non so bene come funziona e, man mano che passano i minuti le persone aumentano e io mi preoccupo di dover dividere un pick up con tutta quella gente. All’apertura dell’ufficio faccio i biglietti e scopro, con mio grande piacere, che ognuno avrà il proprio pick up con una guida e un autista personale, al modico prezzo di 800 thb (circa 21 euro) a testa. Saluto la mia guida, una giovane ragazza che non parla inglese e il mio autista, salgo dietro al pick up con lei e inizio il mio tour, seguita dalle altre auto ovviamente. Arriviamo ad una prima torretta di avvistamento, ma dai walkie talkie avvisano che non ci sono animali in vista per il momento. Dal momento che nessuno capisce molto le proprie guide, siamo tutti un pò incerti sul da farsi, aspettare o proseguire? Che dilemma… Alla fine io e qualche altra persona decidiamo di proseguire e di tornarci magari successivamente, sempre che ci sia qualcosa da vedere.

Arriviamo alla seconda torretta, ma qui non scendiamo neanche dalla macchina, perchè ancora una volta non c’è niente da vedere… Proseguiamo e arriviamo in un grande spiazzo dove parcheggiamo i pick up e scendiamo, la vista è da mozzare il fiato, intere vallate verdi di foresta incontaminata, davvero meraviglioso, ma di animali neanche l’odore. Siamo in pochissimi ad aver raggiunto quest’area, gli altri sono rimasti tra la prima e la seconda torretta, speranzosi di avvistare qualcosa. Si preannuncia anche qui una delusione, fino a quando arriva una chiamata al walkie talkie di una delle guide, subito la seguiamo e lei, con un inglese un pò arrangiato, ci dice: “elephant”! Corriamo subito dove l’hanno avvistato ed eccolo lì, molto lontano da noi, ma ben visibile un cucciolo di elefante. Devo dire che, benchè abbia visto tante volte questi animali, è sempre un’emozione, soprattutto nel loro habitat naturale e incontaminato; siamo davvero in pochi a guardarlo che piano piano scompare tra la fitta vegetazione, dove probabilmente la sua famiglia lo aspetta. Anche se per poco è stata un’emozione intensa, ma la parte divertente arriva ora… Dopo che l’elefantino è scomparso tra gli alberi dico alla mia guida di voler andare via e così mi giro per tornare alla macchina e, come in un film comico, ecco un’orda di turisti che corre verso di noi, speranzosi di vedere l’elefante che, però è già tornato a nascondersi. La fila non finisce più, c’è un’infinità di pallidi turisti occidentali che corre verso valle, io che sono soddisfatta sorrido, anche perchè so che loro probabilmente hanno perso l’attimo e sono arrivati troppo tardi. Sono stata fortunata ad averlo visto indisturbata, perchè ora dal punto in cui ero si vede solo una gran folla assetata di foto. Penso agli animali, che nel loro habitat naturale non vogliono mostrarsi a questi umani un pò stupidi (me compresa) che voglio avere scatti ricordo da postare sui social più che avere un’esperienza da gustarsi in serenità. La situazione è stata davvero buffa, ma io vado via felice per la mia piccola conquista.

Nel tornare indietro voglio fermarmi alla seconda torretta, anche se non c’è niente da vedere e mi siedo un pò a guardare un piccolo laghetto nella vegetazione, finchè decido che è ora di ritornare. Giungiamo al punto di partenza, saluto la mia guida e mi rimetto in macchina, in direzione del mio hotel, godendomi ancora una volta i bei paesaggi che scorrono fuori dal finestrino.

 

Ripensando alla giornata mi sento soddisfatta, ma anche molto delusa; sono andata a visitare quel parco nella speranza di avvistare gli animali selvatici, ma soprattutto sperando di non trovare il turismo di massa. Purtroppo i turisti erano tantissimi e gli animali, giustamente si sono presi gioco di noi… non è stato propriamente un safari fortunato, ma per me il solo fatto di stare nella natura mi ha resa felice.

 

Back to Thailand: il Parco Nazionale di Khao Sam Roi Yot

Anche se sono già passate due settimane dal mio rientro in Italia, voglio raccontare il mio ultimo viaggio nella terra dei miei sogni, la Thailandia. Nonostante ci sia stata un’infinità di volte non riesco a smettere, è come una droga, è come l’aria, se mancasse non riuscirei più a respirare!

Eccomi a Prachuap Kiri Khan, anche se non è un posto nuovo, è la mia città preferita: tranquillità, spiagge bianche e deserte, parchi nazionali e tanta tanta natura.

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Trascorro qualche giorno in spiaggia, trovando anche, per mia sorpresa, un palo per allenarmi, dato che pratico la pole dance – in realtà non è propriamente  da pole, ma è un palo cementato in uno pneumatico per reggere la rete del beach volley -. Certo lo sfondo è meraviglioso: spiaggia bianca, mare, sole e palme… Cosa volere di più?

Dopo il riposo è giunta l’ora di stare a contatto con la natura, sono partita per la volta di uno dei più grandi parchi nazionali della Thailandia il Khao Sam Roi Yot. Un immenso parco a ridosso della costa con spiagge paradisiache, grotte calcaree, canali e passeggiate nella natura. Arrivo al quartier generale e chiedo subito la mappa e i biglietti d’ingresso, che costano circa 5 euro a persona, faccio qualche foto alle scimmie che stanno saltando sugli alberi e mi dirigo alla prima tappa: il Khao Dang Viewpoint. La salita è di circa 380 metri e il caldo è soffocante, la giornata è splendida e soleggiata, ma per fortuna gli alberi fanno la giusta ombra e alla fine non sembra poi così faticoso. Il sentiero è roccioso e ci sono dei punti dove ci si può aiutare con una corda per la ripidità, ma tutto sommato è ben tenuto e non è pericoloso. Quando sento di non avere più le forze penso sempre: “all’arrivo sarò ripagata per la fatica!” Infatti, come ogni volta, ecco la mia ricompensa: sole, vento e una vista mozzafiato. Mi siedo sul punto più alto senza protezioni, con la mia macchina fotografica, ogni scatto è un momento, un’immagine che non vedrò più e che quindi è meglio immortalare per sempre. Mi sento in capo al mondo anche se non sono sull’Everest, ma per me è comunque una vetta meravigliosa raggiunta. Un signore thailandese appena arrivato in cima mi domanda :”Da dove vieni?”, “dall’Italia” rispondo io, “Avrete tante montagne molto più alte là e la neve” “Sì è vero, abbiamo tante montagne e la neve”. All’improvviso realizzo che in effetti il mio paese è bellissimo, l’Italia ha le montagne, il mare, le isole è un piccolo paradiso naturale che a volte mi rendo conto di non apprezzare abbastanza. Finito di scattare e di godermi il panorama, ricomincio la discesa verso la prossima tappa.

Davanti a me il mare e dietro la foresta, sto per raggiungere la Sai Cave, una grotta calcarea che, a guardare le immagini sembra molto bella. La signora di un baracchino prima della salita mi chiede se ho la torcia e le faccio vedere quella incorporata nel cellulare, lei mi dà l’ok e io inizio la salita di 280 metri bella ripida e impegnativa, per via delle rocce. Mi sembra interminabile, mentre salgo sento i quadricipiti che bruciano, posso immaginare persone che non praticano assiduamente sport; forse è per quello che sul cartello in inglese c’è scritto che la salita è difficile e si richiedono abilità basiche di scalata! Voglio raggiungere in fretta la grotta, non vedo l’ora di vederla, ed ecco che dopo venti minuti spunta un’entrata e un buco nella roccia in alto, dove una forte luce penetra e rende le piante ancora più verdi. Più avanti ci sono due scale di legno e il buio inizia a diventare più intenso, ma non appena accendo la luce del cellulare ecco che appaiono sotto i miei occhi pareti cristalline, sembrano cascate di brillanti e le stalattiti e le stalagmiti che fanno da contorno; poi l’ingresso meraviglioso di una stanza che sembra un regno, il regno delle fate. Le grotte mi hanno sempre affascinato, perchè sono misteriose, sono abitate da animali che solitamente non vediamo alla luce del sole e qualche volta sono anche difficili da esplorare. Quando esco mi accorgo di uno splendido scorcio di mare tra il fitto fogliame della foresta e anche questa volta la fatica è stata sopraffatta dalla bellezza; vedo anche un enorme ragno a riposo nella sua grande ragnatela, non mi spaventa, piuttosto la natura mi stupisce ancora una volta.

E’ la volta del giro dei canali che sfociano nel mare, mentre aspetto che la mia barca rientri nel piccolo porticciolo, guardo le scimmie che mangiano ghiande nel fogliame e i due splendidi templi immersi nella foresta, uno scenario davvero notevole. Salgo in barca e inizia un giro tra mangrovie – che sembrano gli alberi viventi del “Signore degli anelli”-, scorci di villaggi di pescatori e paesaggi che sembrano appartenere a paesi del nord Europa; il canale alla fine sfocia nel mare e noi facciamo inversione e torniamo verso il porto.

Soddisfatta anche di questa escursione sono pronta a tornare nel mio bungalow e godermi i ricordi di una bellissima giornata.

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#Wanderlust Tag: malati di viaggio

Rispondo volentieri all’iniziativa ideata da Iris & Periplo blog, in fondo il viaggio è la nuova, meravigliosa “malattia” del secolo, siamo tutti un pò affetti da questa sindrome.

Le persone affette dalla sindrome di Wanderlust (dalla parola “Wanderlust” che significa: amore per i viaggi, spirito vagabondo) provano un’irrefrenabile impulso a viaggiare, esplorare nuovi paesi e conoscere nuove culture per ampliare i propri orizzonti. Io sono contenta di esserne affetta, a volte non è facile da gestire, perchè il desiderio di viaggiare è forte e non sempre lo posso soddisfare, però mi ritengo fortunata perchè ho già visitato tanti luoghi e ne esplorerò molti altri.

Ringrazio Falupe – Viaggiatore non per caso per avermi considerata e nominata.

ECCO LE REGOLE:

  • Nominare chi ha ideato questo Tag:Iris & Periplo blog;
  • Utilizzare la foto qui sopra e aggiungere nei tag #wanderlusttag;
  • Rispondere alle 10 domande e, se ne avete voglia, utilizzare le foto dei vostri viaggi;
  • Nominare almeno 3 blog.

QUESTE LE DOMANDE:

  1. Per prima cosa: dove siete stati finora?
  2. Qual è la città o paese più bello dove siete stati?
  3. Siete stati più di una volta nello stesso posto o preferite visitare ogni volta un posto nuovo?
  4. Consigliatemi il miglior locale (ovunque nel mondo) dove siete stati a mangiare.
  5. Siete per le vacanza al mare, in montagna o per le città?
  6. Qual è il souvenir che non mancate mai di portare a casa?
  7. Nella vostra valigia cosa non manca mai?
  8. In quale luogo già visitato ritornereste volentieri?
  9. Ed invece in quale posto già visitato non tornereste?
  10. La meta del vostro prossimo viaggio?

LE MIE RISPOSTE:

1. Sono davvero tanti i luoghi che ho visitato fino ad ora, oltre a quasi tutte le capitali                 europee: Egitto, Thailandia (per la quale ho una sorta di ossessione e ogni anno è una             delle mie mete fisse), Mauritius, Grecia, Dubai, Messico, Jamaica, Vietnam, Giappone,           Singapore, Bali, Chengdu (Cina), Korea del sud, Florianolìpolis (Brasile).

2. Non posso scerglierne uno, ogni paese ha un proprio fascino particolare, posso dire               che quest’estate ho viaggiato nello Shikoku, in Giappone, ed è stata un’avventura                   fantastica, tramonti e scenari da favola.

3. Mi piace tornare nei posti che ho già visitato, perchè vorrei visitare il più possibile di             un paese ed è necessario tornarci. In Thailandia ci sono stata decine di volte, basti                   pensare che ogni anno ci torno una o due volte, sono affascinata da questo paese e lo             sento come se fosse la mia casa. Sono stata quattro volte in Giappone e ci tornerò per             visitare i luoghi che mi mancano. Due volte in Vietnam e anche quì ci tornerò presto.             Mi piace, però, visitare anche nuovi paesi e confrontarmi con le diverse culture.

4. Ho mangiato divinamente al “Gogun Myeongdong” a Seoul, ottimo Bulgoghi (grigliata         mista di carne coreana).

A Baia Do Pantanal Du Sul (Florianopolis – Brasile) ho mangiato in un particolarissimo ristorante: il “Bar do Arante”.

In Thailandia a Chiang Mai non ho mangiato in un vero e proprio ristorante, ma il mercatino in centro alla città sorica, veramente buonissimo!

5. Io amo il mare, ma anche le città e se devo avere una vista mozzafiato, allora vada per           la montagna!

6. Mi piaciono i magneti e mi piace portare agli amici questo souvenir, sul mio                             frigorifero ci sono decine di calamite da tutto il mondo.

7. Non potrei stare senza la mia macchina fotografica e lo smartphone, per fotografare              velocemente e postare in diretta ciò che vedono i miei occhi.

8. Tornerei volentieri in ogni luogo che non ho visitato a fondo, credo che la Cina sia uno          di questi, sono stata solo in una città, Chengdu, ma vorrei visitane molte altre.

9. Non c’è un luogo dove non tornerei, perchè non si finisce mai di conoscere tutto.

10. Sono in partenza per la Thailandia (ancora una volta), solitamente il mio capodanno è            su una spiaggia solitaria a far volare lanterne.

LE MIE NOMINATIONS:

Laura Ripamonti – Prêt à manger – personal chef

Laura – È casa o mondo?

Antograve – vita dolceamara

 

 

Nakajima Island: The Neverland

I woke up on a wonderful sunny day, ready to go to Nakajima Island. I took a train to Takahamako port and I waited for the first boat to Nakajima. After a half hour trip, I got to the island. I thought I’d start my journey from the biggest one, and then try to reach the others of the Kutsuna archipelago on the same day.

On the boat, I met a very nice woman called Mayumi, who explained to me how it would have been impossible to go to more than one island on the same day because of the big distances between them. She said that I could have visited just one for a day trip. So I decided to stay in Nakajima, which was the most impressive. She offered me a ride because her husband was waiting for her arrival in the port, with their two children. I got in the car with them and she brought me to a very nice restaurant. I ate a delicious marinated fresh fish with little tomatoes – it reminded me of Italian flavors because of the tomatoes and the marinated sauce with balsamic vinaigrette – she ordered an amazing salmon sandwich with avocado and black bread and a pizza.

After lunch, I met a very interesting lady called Hiro, who was the owner of the restaurant. She came from Hokkaido island and she spoke English well. She said: “If you want to visit the island, there’re some people in the afternoon who conduct tours there”, “Of course I want to go!” I said. Therefore, she gave me an appointment for the afternoon. In the meantime, Mayumi introduced me to the English teacher of the school, so I could speak with him since she knew very few English words. He was a shy Japanese guy, who spoke good English and tried to explain everything about his island in the best way. They showed me a little part of the island, and we stopped on the seashore to take pictures and walk on the white sand. Even though I couldn’t bathe, it was a pleasure just feeling the sea breeze and the warm sun on my skin. Mayumi gave me a delicious ice-cream, and some figs from her garden, she acted like a mom and I felt so pampered. It’s unbelievable how people could be so nice and amazing, although you have never seen them before.

At three p.m. they brought me back to the restaurant, where Miss Hiro, with other two people, was waiting for me. There was Yuki, a pretty girl, who worked for the Japanese channel NHK. She was making a report about Nakajima, and she needed someone who brought her to the island. Then, there was Yuki – yes, they have the same name, it isn’t a mistake – a young farmer from the island, who came to picked us up with his little van. He had a lot of orange plantations and he knew the region very well. We went up and down the hills, seeing amazing landscapes unlocked in front of my eyes and impressing me with the beauty of nature. The hills were covered with the orange and green tea plantations, stunning green dales filled the horizon and came down till the sea. Yuki showed us a typical farm house, a very old house full of furniture and very, very cheap to rent. I was thinking to move to the island, and start a new life as a farmer! Life is very simple there because you don’t need many material things; it’s very different from the rest of Japan, and this dazzled me. On the island, there was just a supermarket, a school, few restaurants and beautiful nature. During the trip, they tried to speak English with me and we could have a great conversation about several topics, especially about the island activities. I found out that the cost of life there is cheaper than the rest of Japan, as they grow all the raw materials, and there’s a lot of sea products and water, so they don’t need anything from the mainland. The island is completely self-contained.

Before we went back to the port, Yuki took two fishing rods and a pair of rain boots for me. He brought us to the rocks to fish in the sea. For me was the first fishing experience in the sea and I was thrilled. Yuki caught two fish, but she was excited too. He demonstrated us how to cast the line and how to wait for fishes. Yuki caught out three fishes very soon, I waited a long time, before catching three too. Obviously, we set the fishes free in the water, but we enjoyed it so much. It was a great experience.

The time passed so fast and I had to come back to Matsuyama soon. I was very lucky because Yuki – the girl – came back with me and Yuki paid the ferry for us. We stayed on the deck and, while we were talking, an amazing sunset popped up in front of us. We looked at the horizon in silence because the scenery was stunning and we were totally absorbed by it.

The island is a sort of Wonderland, where people live together in harmony and seems they are all friends. It’s a very different reality, from the cities of the mainland. I saw beautiful white beaches that soaked into the blue water of the Seto Inland Sea. It reminded me of Sicily, the wonderful Italian island, with its orange plantations, the high hills, the green landscapes and the amazing sea views.

Nakajima Island is like Neverland and I felt like Peter Pan. I think that nobody could get old there.

Kyoto and Arashiyama… The most representative pictures

Kyoto and Arashiyama, two amazing places, where traditions and nature are mixed together in perfect harmony.

My Thailand

My Thailand…. here there are the most evocative pictures.

 

Il mio viaggio, dalla Thailandia al Giappone

Quest’estate ho vissuto un’esperienza davvero unica, frequentando un corso d’inglese in Thailandia e viaggiando da sola, zaino in spalla, per il Giappone. Ho vissuto tutto intensamente e ho imparato molto dalla gente e dai magnifici luoghi che ho visitato. Ho condiviso momenti divertenti nel campus dell’International House a Chiang Mai con molte persone provenienti da tutto il mondo, che mi rimarranno per sempre nel cuore. Ho conosciuto gente splendida e generosa sull’isola di Nakajima, nello stretto del mare di Seto e ho incontrato vecchi amici a Tokyo. E’ stato un viaggio diverso dagli altri fatti in precedenza, ma che mi ha fatto guadagnare tanta stima per me stessa e mi ha fatto capire quanto belle siano le persone, gli animali e la natura!

Sono partita dall’Italia, da Milano Malpensa, con Ethiad Airways, facendo scalo ad Abu Dhabi e giungendo a Bangkok. Ho preso poi un volo di circa un’ora della Bangkok Airways diretto a Chiang Mai. Ho soggiornato per sette settimane nel campus dell’International House, in una nuovissima struttura con camere comode e spaziose e con un’ enorme piscina rigenerante nelle torbide giornate monsoniche. Finiti i miei studi, sono volata a Bangkok e ho preso una macchina a noleggio per raggiungere Prachuap Kiri Khan, una tranquilla cittadina sulla costa tailandese, a quattrocento chilometri da Bangkok. Sono rimasta per una settimana in un resort molto confortevole, in un bungalow vicino alla spiaggia con una piccola piscina e delle fiabesche altalene su un piccolo promontorio sul mare. Sono poi andata a Bangkok per concludere i miei due mesi di visto tailandese e per respirare un po’ l’aria della città affollata e trafficata, prima di ripartire per il Giappone.

Il ventiquattro agosto ho preso il taxi per andare all’aeroporto di Suvarnabumi, a un’orario improbabile, ovvero alle tre e trenta della mattina. Alle sei il volo della Delta Airlines è partito puntuale per Tokyo Narita, un viaggio abbastanza turbolento di sei ore. Atterrata a Narita sono andata immediatamente a chiedere come potevo raggiungere Kyoto in treno entro sera. Mi hanno venduto un biglietto per la stazione di Nippori, da lì ho dovuto prendere un treno della Yamanote Line, la linea circolare ferroviaria di Tokyo, e giungere alla stazione centrale di Tokyo. Ho comprato un biglietto per lo Shinkansen Nozomi, il treno veloce, che mi ha portata a Kyoto in circa due ore. Ho soggiornato presso l’Apa hotel nella zona Gion per tre giorni. Ho visitato la città di Arashiyama, raggiungibile da Kyoto prendendo un treno della Keifuku line alla stazione di Omiya, in centro Kyoto. Arashiyama è una città meravigliosa per il suo parco, gli splendidi paesaggi, la foresta di bamboo e il parco dei macachi. Kyoto è una città estremamente interessante e si possono davvero vedere tantissime cose: dai moderni portici di Nishiki Market e Teramachi street, ai favolosi templi, al quartiere di Gion, dove le Geishe e le Maiko escono verso le sei di sera per andare al lavoro e le strade dove passano vengono avvolte da un’aura misteriosa e surreale. Il fiume su cui il sole ogni sera si siede e diventa rosso e colora tutto di arancio e le colline intorno che rendono il paesaggio meraviglioso.

Da Kyoto ho preso un Nozomi diretto ad Okayama, l’unica città dalla quale si può prendere un treno diretto per raggiungere l’isola dello Shikoku. Ho soggiornato due notti all’hotel Maira molto confortevole, con bevande gratuite tutto il giorno e una piccola colazione la mattina. Ho visitato il castello e i giardini incantati di Korakuen, ho raggiunto con un treno Kurashiki, una piccola città a venti minuti di treno da Okayama. Una cittadina mercantile che conserva ancora lo stile dell’epoca Meiji, con i suoi canali che scorrono al centro, potrebbe ricordare la lontana Venezia. I salici piangenti che posano le loro foglie sull’acqua e gli edifici bianchi e neri tutti intorno. Davvero molto caratteristica e da vedere, ho respirato un’atmosfera d’altri tempi e mi sono immersa in un’ epoca antica.

Con un viaggio in treno di circa due ore e mezza da Okayama, ho raggiunto Matsuyama, la prima città dello Shikoku e anche la più grande della regione. Ho soggiornato in un altro Apa hotel, situato in una posizione davvero bella e comoda. A Matsuyama ho visitato il castello, ho assistito ad incredibili tramonti sul mare e ho visitato isole magiche. Ho preso un traghetto al porto di Takahamako per raggiungere la più vicina isola di Gogoshima, solo quindici minuti di viaggio, per visitare una delle spiagge più isolate e difficili da raggiungere. Un’isola molto bella, verde e poco popolata. Ho raggiunto l’isola di Nakajima, la più grande dell’arcipelago delle isole Kutsuna, a mezz’ora di traghetto veloce sempre dal porto di Takahamako. Mi ha regalato emozioni uniche e ho conosciuto persone meravigliose che mi hanno fatto visitare tutta la magia dell’isola. Il mare blu e le spiagge bianche si scontrano con le colline verdi, ricche di coltivazioni di arance e di tè verde. I suoi paesaggi sono da mozzare il fiato e sembra di essere in un’altra dimensione, dove il tempo non scorre mai.

L’isola più complicata da raggiungere è stata Aoyama, conosciuta come “l’isola dei gatti”. Ho dovuto prendere un treno diretto al piccolo porticciolo di Iyo Nagahama, circa un’ora di viaggio, poi un traghetto per quaranta minuti di traversata. Il viaggio è un pò complicato, soprattutto perché quando si arriva al porto non si può sapere con certezza se la barca partirà, poichè tutto dipende dalle condizioni del mare. Inoltre il traghetto fa solo due viaggi, uno la mattina e uno il primo pomeriggio, rimane sull’isola per un’ora e poi torna indietro. Per chi è appassionato di gatti ne vale la pena, quando si arriva si incontrano davvero tantissimi esemplari, che rendono particolare l’approdo del traghetto. L’isola è molto caratteristica, perché è abitata solo da cinquanta persone e più di cento gatti. Ci sono case disabitate e fatiscenti, ma nel complesso si integrano benissimo nel paesaggio.

La successiva meta è stata Kochi sulla costa dell’Oceano Pacifico, città natale del famosissimo samurai Ryoma Sakamoto e delle balene. Ho raggiunto Kochi cambiando due treni da Matsuyama, ci ho impiegato circa due ore e mezza. L’hotel nel quale ho soggiornato si chiama Green hotel, è in una posizione comodissima per chi viaggia in treno, poiché è a soli dieci minuti di camminata dalla stazione. Ho visitato la spiaggia di Katsurahama con una bellissima vista sull’Oceano; il castello, che offre uno spettacolare panorama della città, anche se l’ho visitato nei giorni in cui si è abbattuto un tifone. L’esperienza più bella e forte è stata il “whale watching”. Anche questa volta arrivare all’imbarcazione non è stato così semplice, ho dovuto prendere un autobus dalla stazione di Kochi, circa un’ora di viaggio per raggiungere il porto e imbarcarmi su una piccola barca. La crociera è durata in tutto cinque ore, perché il punto per avvistare le balene è molto distante dalla costa. E’ stata un’esperienza meravigliosa e irripetibile, vedere i delfini che saltavano in gruppo felici e liberi, essere circondati dalle balene, più grandi del triplo della barca, che pacifiche si immergevano nel loro ambiente naturale. Anche Kochi mi ha regalato emozioni e meraviglie ed è stato difficile lasciarla.

Sono partita alla volta di Tokushima, cambiando due treni da Kochi, per circa due ore totali di viaggio. L’hotel Avanti è stato il peggiore a livello di comodità della camera, ma il proprietario è un simpatico signore giapponese e la mattina hai una vera e propria colazione gratuita con: caffè, succo d’arancia, due panini dolci con il burro, un uovo sodo e ovviamente il caffè. Tokushima a prima vista mi è parsa la città più trascurata, anche se comunque molto bella. Ho raggiunto Naruto per fare una gita in giornata, prendendo un treno e un autobus per un totale di quasi due ore di viaggio. Ne è valsa la pena, però, per vedere un bellissimo spettacolo, quello dei vortici di Naruto, anche se l’orario non ha offerto lo spettacolo migliore, è comunque stato uno strano fenomeno da vedere. Sono salita con una funivia sul monte Bizan proprio dietro il mio albergo e da lì ho potuto assistere ad un panorama meraviglioso, che si estendeva fino al mare. Ho danzato l’Awa Odori con danzatori professionisti, la danza tipica della regione e della città, e ho riposato sulla riva del fiume.

Tokushima è stata l’ultima città che ho visitato nello Shikoku, perché da lì ho preso tre treni per tornare a Tokyo e rimanere una settimana. Tokyo è la mia metropoli preferita, è eclettica e moderna, ma al tempo stesso ricca di tradizione.

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